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l ucello di Giove, più vago che l alite di Giunone, più
singolare che l Arabica Fenice; presto mi s è aventato
vicino, gentile mi si presenta, unicamente affezziona-
to mi si dimostra.
mercurio Eccomi teco ossequioso e favorevole a gli
tuoi voti, o mia Sofia, perché m hai mandato a chia-
mare; e la tua orazione non è pervenuta a me qual fu-
mo aromatico secondo il suo constume: ma qual pe-
netrativa e ben alata saetta di raggio risplendente.
sofia Ma tu, mio nume, che vuol dire che sì tosto se-
condo il tuo costume non mi ti sei fatto presente?
mercurio Ti dirò la veritade, o Sofia. La tua orazione
mi giunse a tempo ch io ero già ritornato da l inferno
a commettere nelle mani di Minoe, Eaco e Radaman-
to ducento quarantasei milia, cinquecento e vinti due
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Letteratura italiana Einaudi
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anime, che per diverse battaglie, supplicii e necessita-
di hanno compito il corso de l animazione di corpi
presenti. Ivi era meco la Sofia celeste chiamata volgar-
mente Minerva e Pallade, la qual al vestito et a l anda-
re subito conobbe che quella ambasciata era la tua...
sofia Ben la possea conoscere, perché non meno che
con te, frequentemente suole contrattar con lei.
mercurio ... e mi disse: «Volgi gli occhi, o Mercurio,
che per te viene questa ambasciaria de la nostra ger-
mana e figlia terrestre: quella che vive del mio spirito,
e più di lungi vicino alle tenebre procede dal lume del
mio padre, voglio che ti sia raccomandata»; «È cosa
soverchia», io li risposi, «o nata del cervello di Giove,
il raccomandarmi la tanto amata nostra comune sorel-
la e figlia». Mi approssimai dumque alla tua messag-
giera: l abbraccio, la bacio, la metto in compendio,
apro gli bottoni del gippone, e me l insacco tra la ca-
micia e la pelle sotto la quale batte e ribatte il polso
del core. Giove (il quale era presente, poco discosto
raggionando in secreto con Eolo et Oceano, li quali
erano inbottati, per ritornarsene presto alli negocii
suoi qua giù) vedde quel ch io feci, e rompendo il rag-
gionamento in cui si ritrovava, fu curioso di diman-
darmi subito che memoriale quello fusse che m avevo
messo in petto; et avendogli io risposto com era cosa
tua: «Oh la mia povera Sofia», disse, «come la passa?
come la fa? ahi poverina, da quel cartoccio che non è
troppo riccamente piegato, io comprendevo che non
possev essere altro che quel che dici. È pur gran tem-
po che non abbiamo avuto nova alcuna di lei: or che
cosa la dimanda? che gli manca? che ti propone?»;
«Non altro», dissi, «eccetto ch io gli sia assistente ad
ascoltarla per un ora»; «Sta bene» disse, e tornò a
compire il raggionamento con que doi dèi; e cossì
poi in fretta mi chiamò a sé, dicendo: «Su su presto,
doniamo ordine a nostri affari, prima che tu vadi a ve-
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der che vuole quella meschina, et io a ritrovar questa
mia tanto fastidiosa mogliera, che certo mi pesa più
che tutta la carca de l universo». Subito volse (perché
cossì è novamente decretato nel cielo) che di mia ma-
no registrasse tutto quel che deve essere previsto oggi
nel mondo.
sofia Fatemi, se vi piace, alquanto udire di negocii:
poi che m hai svegliata questa cura nel petto.
mercurio Ti dirò. Ha ordinato che oggi a mezzo gior-
no doi meloni, tra gli altri, nel melonaio di Franzino
sieno perfettamente maturi; ma che non sieno colti se
non tre giorni appresso, quando non saran giudicati
buoni a mangiare. Vuole ch al medesimo tempo dalla
iuiuma che sta alle radici del monte di Cicala in casa
di Gioan Bruno, trenta iuiomi sieno perfetti colti, e
diece sette caggiano scalmati in terra, quindeci sieno
rosi da vermi. Che Vasta moglie di Albenzio, mentre
si vuole increspar gli capelli de le tempie, vegna (per
aver troppo scaldato il ferro) a bruggiarne cinquanta
sette: ma che non si scotte la testa; e per questa volta
non biastemi quando sentirà il puzzo, ma con pazien-
za la passe. Che dal sterco del suo bove nascano du-
cento cinquanta dei scarafoni, de quali quattordeci
sieno calpestrati et uccisi per il piè di Albenzio, vinti
sei muoiano di rinversato, venti doi vivano in caverna,
ottanta vadano in pellegrinaggio per il cortile, qua-
rantadoi si retireno a vivere sotto quel ceppo vicino a
la porta, sedeci vadano isvoltando le pallotte per dove
meglio li vien comodo, il resto corra a la fortuna. A
Laurenza quando si pettina, caschino diece sette ca-
pelli, tredeci se gli rompano, e di quelli, diece rinasca-
no in spacio di tre giorni, e gli sette non rivegnano
più. La cagna d Antonio Savolino concepa cinque ca-
gnolini, de quali tre a suo tempo vivano, e doi sieno
gittati via; e di que tre il primo sia simile a la madre, il
secondo sia vario, il terzo sia parte simile al padre e
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parte a quello di Polidoro. ln quel tempo il cuculo
s oda cantare da la Starza, e non faccia udire più né
meno che dodici cuculate e poi si parta e vada a le
roine del castello Cicala per undeci minuti d ora: e da
là se ne vole a Scarvaita; e di quello che deve essere
appresso provederemo poi. Che la gonna che mastro
Danese taglia su la pianca, vegna stroppiata. Che da le
tavole del letto di Costantino si partano dodeci cimi-
ci, e se ne vadano al capezzale: sette de gli più grandi,
quattro de più piccioli, uno de mediocri; e di quello
che di essi ha da essere questa sera al lume di candela,
provederemo. Che a quindeci minuti de la medesima
ora per il moto de la lingua la quale si varrà la quarta
volta rimenando per il palato, a la vecchia di Fiurulo
casche la terza mola che tiene nella mascella destra di
sotto: la qual caduta sia senza sangue e senza dolore;
perché la detta mola è gionta al termine della sua tre-
pidazione, che ha perdurato a punto diece sette an-
nue rivoluzioni lunari. Che Ambruoggio nella centesi-
ma e duodecima spinta abbia spaccio et impedito il
negocio con la mogliera, e che non la ingravide per
questa volta: ma ne l altra con quel seme in cui si con-
vertisce quel porro cotto che mangia al presente con
la sapa e pane di miglio. Al figlio di Martinello comin-
ciano a spuntar i peli de la pubertade nel pettinale, et
insieme insieme comincie a gallugarli la voce. Che a
Paulino mentre vorrà alzar un ago rotta da terra, per
la forza che egli farà se gli rompa la stringa rossa de le
braghe, per la qual cosa se bestemmiarà voglio che sia
punito appresso con questo: che questa sera la sua
minestra sia troppo salita, e sappia di fumo; caggia e
se gli rompa il fiasco pieno di vino: per la qual causa
se bestimmiarà, provederemo poi. Che di sette talpe
le quali da quattro giorni fa son partite dal fondo de
la terra prendendo diversi camini verso l aria, due ve-
gnano a la superficie de la terra nell ora medesima,
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l una al punto di mezo giorno, l altra a quindeci mi-
nuti e dicce nove secondi appresso, discoste l una da
l altra tre passi, un piede, e mezo dito, ne l orto di An-
ton Faivano; del tempo e luogo de l altre si provederà
al più tardi. [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]
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